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Tutte le domande del quiz : Brani lunghi

tratto da:
Esercito Italiano
Quiz - Concorso per l'ammissione al 197° corso dell'Accademia Militare dell'Esercito - Anno accademico 2015/2016



 Esercitati su questo Quiz 

RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  È il sogno di ogni cacciatore d'autografi: la collezione di "firme d'autore" più completa del mondo. Comprende ogni attore o attrice che abbia vinto un premio Oscar a partire dal 1929, l'anno in cui Hollywood iniziò ad assegnare le sue statuette ai divi del cinema, oltre a un bel po' di altri Vip dello spettacolo, della canzone, della politica. A raccoglierli, con infinita determinazione e a caro prezzo per le proprie tasche, è stato un anonimo contabile londinese, Alan Robinson, che per trent'anni ha dedicato ogni energia, ogni attimo di tempo libero e ogni risparmio ad arricchire la sua collezione. Adesso ha deciso di disfarsene, mettendola all'asta, il prossimo 24 febbraio, in un albergo nei pressi dell'aeroporto di Heathrow, forse perché si prevede che collezionisti di tutto il pianeta voleranno a Londra per l'occasione. La previsione è che la vendita gli frutterà più di un milione di sterline, quasi un milione e mezzo di euro: abbastanza per andare anticipatamente in pensione, a godersi la vita. E per convincere chiunque abbia l'hobby degli autografi a imitarlo. La sua collezione ha due pezzi rari: l'autografo di Greta Garbo, considerato il "Santo Graal" degli autografi, l'ultimo che il signor Robinson si è procurato tramite un collezionista privato come lui, chiedendo un prestito da 70 mila euro in banca; e quello di Marylin Monroe, il cui valore viene stimato in 25 mila euro. Tra le altre firme celebri del suo archivio figurano poi Elvis Presley, Liza Minnelli, Elizabeth Taylor, Meryl Streep, Vivien Leigh, Sofia Loren, Clark Gable, Grace Kelly, Stanlio e Ollio, Steve McQueen, Brad Pitt, Gwyneth Paltrow. Oltre alla raccolta completa di tutti gli attori e le attrici premiati dall'Oscar, la sua collezione comprende il novanta per cento di tutti gli attori e attrici che hanno avuto una "nomination" all'Oscar. Il cinema, dopo gli autografi, è la sua seconda passione. ("Repubblica online") A chi appartiene l'ultimo autografo che si è procurato Alan Robinson?
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  È nella politica francese che appaiono più evidenti i legami tra il governo e le banche, soprattutto a causa dell'ammontare degli investimenti francesi negli altri Paesi europei. Sebbene fosse ancora l'Inghilterra il Paese che vantava la quantità maggiore di investimenti all'estero, meno del 6% del totale riguardava l'Europa, contro il 62% della Francia. Ciò non impediva che gli imprenditori francesi con interessi nelle colonie francesi o in Marocco godessero di un'influenza sproporzionata alla loro effettiva importanza finanziaria, ma indicava che, a causa della gran quantità di denaro francese investita negli altri Paesi europei, la connessione tra politica d'investimento delle banche e politica estera del governo stava diventando molto stretta. Anche al governo tedesco sarebbe piaciuto sostenere la propria politica con pressioni di tipo finanziario; ma mentre la Germania soffrì di una penuria permanente di capitali dopo gli anni di rapida espansione industriale della seconda metà dell'Ottocento, i risparmiatori francesi (anche se talvolta erano accusati dai nazionalisti di investire più all'estero che in patria) disponevano di forti quantità di risparmio accumulato. Le tendenze degli investitori inglesi erano del tutto diverse, poiché la maggior parte dei capitali britannici fuori del Regno Unito si volgeva all'Impero e all'America del Nord e del Sud, per cui la politica britannica in Europa restò, in una certa misura, indipendente dai condizionamenti finanziari che invece influenzarono i francesi. Più di ogni altro schieramento internazionale antecedente il 1914, l'alleanza franco-russa fu cementata da vincoli che erano, oltre che politici e strategici, anche finanziari. Sebbene la stipulazione dell'alleanza (del 1893) all'origine fosse la conseguenza di pressioni strategiche e politiche su entrambi i contraenti, i negoziati coincisero con il lancio della prima serie di grandi prestiti russi sul mercato finanziario francese. I prestiti iniziali del 1888, 1889 e 1890 furono seguiti da investimenti francesi in altri settori dell'economia zarista - crediti alle amministrazioni locali, ferrovie, miniere e imprese industriali di ogni tipo - col risultato che nel 1914 quasi un quarto di tutti gli investimenti francesi all'estero riguardavano la Russia. È impossibile che da vincoli finanziari di tali proporzioni non derivassero conseguenze politiche, anche se si prescinde da condizioni particolari connesse ad alcuni prestiti, come ad esempio la costruzione di ferrovie strategiche o la promessa di commesse alle imprese francesi. Le banche che incoraggiavano i clienti a investire i loro risparmi nei titoli o nelle miniere o nelle ferrovie russe avevano tutto da guadagnare nel dipingere la Russia come un paese forte, stabile politicamente ed economicamente in espansione, avvalorando insomma l'immagine di un alleato valido. Ad onta degli attacchi della Sinistra francese contro l'autocrazia e l'oppressione zarista, e nonostante i reiterati rifiuti dei Rothschild e di altri banchieri ebrei di partecipare ai prestiti russi come segno di protesta contro i maltrattamenti cui erano fatti segno gli ebrei in Russia, la fiducia francese nell'alleato orientale rimase sorprendentemente alta fino allo scoppio della guerra, anzi fino a tutto il 1917. (Archivio Selexi) Dal brano si evince che i nazionalisti accusavano i risparmiatori francesi di:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  È sempre rischioso, almeno per chi non è abituato a giocare troppo disinvoltamente con le idee, valutare i tempi in cui viviamo come se fossimo sempre alla vigilia di dirompenti sconvolgimenti.Il fatidico anno 2000, a prescindere dai valori simbolici riguardo l'ingresso nel nuovo Millennio, non era altro, in fin dei conti, che l'anno successivo al 1999 e precedente all'anno 2001. Questa elementare avvertenza, con il suggerimento alla prudenza nell'annunciare proclami, dovrebbe valere ancor più nel campo delle previsioni economiche e di mercato, dove domina, come è noto, l'incertezza. Lo stesso Keynes sosteneva che "il prevedibile non si avvera mai e l'imprevisto sempre".Nel campo dei media sono innumerevoli gli esempi di previsioni errate e di falsi annunci su presunte svolte rivoluzionarie. Molti pseudostrateghi avevano preconizzato, a titolo di esempio, la fine della radio e del cinema con l'avvento della televisione, il declino di quest'ultima con la nascita dell'home video, la rottamazione alla fine degli anni Ottanta della "vecchia" televisione a seguito del "rivoluzionario" sistema della tv ad alta definizione, più recentemente la marginalizzazione progressiva della tv generalista, come tipologia di offerta e come modello incentrato sulla pubblicità, a vantaggio delle varie forme di televisione a pagamento.È inutile ricordare che l'evoluzione del sistema ha sempre determinato l'integrazione tra i vari mezzi di comunicazione e che, in molti casi, le previsioni non sono state rispettate (la stessa tv generalista, in un mercato maturo come quello USA, pur perdendo quote, non ha smesso di macinare utili), mentre una quantità non indifferente di risorse è stata inutilmente impegnata e dispersa in irrealistici progetti.Pur con tutte le cautele suggerite da questa doverosa premessa, non si può non rilevare che il sistema televisivo, in tutti i Paesi, si trovi di fronte a una svolta, essendo in una fase di passaggio tra due "epoche" televisive. Vi è infatti la percezione, se non la sicurezza da parte dei più, che l'attuale modello televisivo sia in una fase declinante, avendo perso anche le energie e le capacità di un tempo; nel contempo appare incerto e nebuloso l'approdo finale di un nuovo modello di cui si intravedono solo i contorni.In effetti la televisione non è più il luogo tranquillo di un tempo. E forse proprio questa tranquillità molti rimpiangono. Così era la tv del monopolio pubblico, dichiaratamente pedagogica, di buona qualità e molto rispettosa del pubblico. Lo stesso periodo iniziale, molto più dinamico, della concorrenza tra pubblico e privato negli anni Ottanta si è caratterizzato per le forti spinte innovative nel linguaggio ideativo e produttivo. Ora, alla tranquillità di quei periodi, è subentrata una forte turbolenza. Cerchiamo quindi di capire le tendenze di fondo del sistema televisivo così da individuarne i percorsi più ragionevolmente possibili.Sono tre, a mio parere, i grandi vettori portanti di una profonda modificazione della televisione. Primo: la tv, come tutto il sistema delle comunicazioni di massa, assume sempre più i connotati e le peculiarità di un vero e proprio mercato. Secondo: si assiste da alcuni anni allo sbriciolarsi dei confini nazionali. Il terzo elemento di rottura con il passato è la forte turbolenza tecnologica. (Archivio Selexi) Secondo l'autore, negli anni Ottanta il mondo della televisione:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  È sempre rischioso, almeno per chi non è abituato a giocare troppo disinvoltamente con le idee, valutare i tempi in cui viviamo come se fossimo sempre alla vigilia di dirompenti sconvolgimenti.Il fatidico anno 2000, a prescindere dai valori simbolici riguardo l'ingresso nel nuovo Millennio, non era altro, in fin dei conti, che l'anno successivo al 1999 e precedente all'anno 2001. Questa elementare avvertenza, con il suggerimento alla prudenza nell'annunciare proclami, dovrebbe valere ancor più nel campo delle previsioni economiche e di mercato, dove domina, come è noto, l'incertezza. Lo stesso Keynes sosteneva che "il prevedibile non si avvera mai e l'imprevisto sempre".Nel campo dei media sono innumerevoli gli esempi di previsioni errate e di falsi annunci su presunte svolte rivoluzionarie. Molti pseudostrateghi avevano preconizzato, a titolo di esempio, la fine della radio e del cinema con l'avvento della televisione, il declino di quest'ultima con la nascita dell'home video, la rottamazione alla fine degli anni Ottanta della "vecchia" televisione a seguito del "rivoluzionario" sistema della tv ad alta definizione, più recentemente la marginalizzazione progressiva della tv generalista, come tipologia di offerta e come modello incentrato sulla pubblicità, a vantaggio delle varie forme di televisione a pagamento.È inutile ricordare che l'evoluzione del sistema ha sempre determinato l'integrazione tra i vari mezzi di comunicazione e che, in molti casi, le previsioni non sono state rispettate (la stessa tv generalista, in un mercato maturo come quello USA, pur perdendo quote, non ha smesso di macinare utili), mentre una quantità non indifferente di risorse è stata inutilmente impegnata e dispersa in irrealistici progetti.Pur con tutte le cautele suggerite da questa doverosa premessa, non si può non rilevare che il sistema televisivo, in tutti i Paesi, si trovi di fronte a una svolta, essendo in una fase di passaggio tra due "epoche" televisive. Vi è infatti la percezione, se non la sicurezza da parte dei più, che l'attuale modello televisivo sia in una fase declinante, avendo perso anche le energie e le capacità di un tempo; nel contempo appare incerto e nebuloso l'approdo finale di un nuovo modello di cui si intravedono solo i contorni.In effetti la televisione non è più il luogo tranquillo di un tempo. E forse proprio questa tranquillità molti rimpiangono. Così era la tv del monopolio pubblico, dichiaratamente pedagogica, di buona qualità e molto rispettosa del pubblico. Lo stesso periodo iniziale, molto più dinamico, della concorrenza tra pubblico e privato negli anni Ottanta si è caratterizzato per le forti spinte innovative nel linguaggio ideativo e produttivo. Ora, alla tranquillità di quei periodi, è subentrata una forte turbolenza. Cerchiamo quindi di capire le tendenze di fondo del sistema televisivo così da individuarne i percorsi più ragionevolmente possibili.Sono tre, a mio parere, i grandi vettori portanti di una profonda modificazione della televisione. Primo: la tv, come tutto il sistema delle comunicazioni di massa, assume sempre più i connotati e le peculiarità di un vero e proprio mercato. Secondo: si assiste da alcuni anni allo sbriciolarsi dei confini nazionali. Il terzo elemento di rottura con il passato è la forte turbolenza tecnologica. (Archivio Selexi) Secondo quanto affermato nel brano, la televisione del monopolio pubblico era una tv:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  È sempre rischioso, almeno per chi non è abituato a giocare troppo disinvoltamente con le idee, valutare i tempi in cui viviamo come se fossimo sempre alla vigilia di dirompenti sconvolgimenti.Il fatidico anno 2000, a prescindere dai valori simbolici riguardo l'ingresso nel nuovo Millennio, non era altro, in fin dei conti, che l'anno successivo al 1999 e precedente all'anno 2001. Questa elementare avvertenza, con il suggerimento alla prudenza nell'annunciare proclami, dovrebbe valere ancor più nel campo delle previsioni economiche e di mercato, dove domina, come è noto, l'incertezza. Lo stesso Keynes sosteneva che "il prevedibile non si avvera mai e l'imprevisto sempre".Nel campo dei media sono innumerevoli gli esempi di previsioni errate e di falsi annunci su presunte svolte rivoluzionarie. Molti pseudostrateghi avevano preconizzato, a titolo di esempio, la fine della radio e del cinema con l'avvento della televisione, il declino di quest'ultima con la nascita dell'home video, la rottamazione alla fine degli anni Ottanta della "vecchia" televisione a seguito del "rivoluzionario" sistema della tv ad alta definizione, più recentemente la marginalizzazione progressiva della tv generalista, come tipologia di offerta e come modello incentrato sulla pubblicità, a vantaggio delle varie forme di televisione a pagamento.È inutile ricordare che l'evoluzione del sistema ha sempre determinato l'integrazione tra i vari mezzi di comunicazione e che, in molti casi, le previsioni non sono state rispettate (la stessa tv generalista, in un mercato maturo come quello USA, pur perdendo quote, non ha smesso di macinare utili), mentre una quantità non indifferente di risorse è stata inutilmente impegnata e dispersa in irrealistici progetti.Pur con tutte le cautele suggerite da questa doverosa premessa, non si può non rilevare che il sistema televisivo, in tutti i Paesi, si trovi di fronte a una svolta, essendo in una fase di passaggio tra due "epoche" televisive. Vi è infatti la percezione, se non la sicurezza da parte dei più, che l'attuale modello televisivo sia in una fase declinante, avendo perso anche le energie e le capacità di un tempo; nel contempo appare incerto e nebuloso l'approdo finale di un nuovo modello di cui si intravedono solo i contorni.In effetti la televisione non è più il luogo tranquillo di un tempo. E forse proprio questa tranquillità molti rimpiangono. Così era la tv del monopolio pubblico, dichiaratamente pedagogica, di buona qualità e molto rispettosa del pubblico. Lo stesso periodo iniziale, molto più dinamico, della concorrenza tra pubblico e privato negli anni Ottanta si è caratterizzato per le forti spinte innovative nel linguaggio ideativo e produttivo. Ora, alla tranquillità di quei periodi, è subentrata una forte turbolenza. Cerchiamo quindi di capire le tendenze di fondo del sistema televisivo così da individuarne i percorsi più ragionevolmente possibili.Sono tre, a mio parere, i grandi vettori portanti di una profonda modificazione della televisione. Primo: la tv, come tutto il sistema delle comunicazioni di massa, assume sempre più i connotati e le peculiarità di un vero e proprio mercato. Secondo: si assiste da alcuni anni allo sbriciolarsi dei confini nazionali. Il terzo elemento di rottura con il passato è la forte turbolenza tecnologica. (Archivio Selexi) Quale dei seguenti titoli meglio riassume il contenuto del brano?
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  È sempre rischioso, almeno per chi non è abituato a giocare troppo disinvoltamente con le idee, valutare i tempi in cui viviamo come se fossimo sempre alla vigilia di dirompenti sconvolgimenti.Il fatidico anno 2000, a prescindere dai valori simbolici riguardo l'ingresso nel nuovo Millennio, non era altro, in fin dei conti, che l'anno successivo al 1999 e precedente all'anno 2001. Questa elementare avvertenza, con il suggerimento alla prudenza nell'annunciare proclami, dovrebbe valere ancor più nel campo delle previsioni economiche e di mercato, dove domina, come è noto, l'incertezza. Lo stesso Keynes sosteneva che "il prevedibile non si avvera mai e l'imprevisto sempre".Nel campo dei media sono innumerevoli gli esempi di previsioni errate e di falsi annunci su presunte svolte rivoluzionarie. Molti pseudostrateghi avevano preconizzato, a titolo di esempio, la fine della radio e del cinema con l'avvento della televisione, il declino di quest'ultima con la nascita dell'home video, la rottamazione alla fine degli anni Ottanta della "vecchia" televisione a seguito del "rivoluzionario" sistema della tv ad alta definizione, più recentemente la marginalizzazione progressiva della tv generalista, come tipologia di offerta e come modello incentrato sulla pubblicità, a vantaggio delle varie forme di televisione a pagamento.È inutile ricordare che l'evoluzione del sistema ha sempre determinato l'integrazione tra i vari mezzi di comunicazione e che, in molti casi, le previsioni non sono state rispettate (la stessa tv generalista, in un mercato maturo come quello USA, pur perdendo quote, non ha smesso di macinare utili), mentre una quantità non indifferente di risorse è stata inutilmente impegnata e dispersa in irrealistici progetti.Pur con tutte le cautele suggerite da questa doverosa premessa, non si può non rilevare che il sistema televisivo, in tutti i Paesi, si trovi di fronte a una svolta, essendo in una fase di passaggio tra due "epoche" televisive. Vi è infatti la percezione, se non la sicurezza da parte dei più, che l'attuale modello televisivo sia in una fase declinante, avendo perso anche le energie e le capacità di un tempo; nel contempo appare incerto e nebuloso l'approdo finale di un nuovo modello di cui si intravedono solo i contorni.In effetti la televisione non è più il luogo tranquillo di un tempo. E forse proprio questa tranquillità molti rimpiangono. Così era la tv del monopolio pubblico, dichiaratamente pedagogica, di buona qualità e molto rispettosa del pubblico. Lo stesso periodo iniziale, molto più dinamico, della concorrenza tra pubblico e privato negli anni Ottanta si è caratterizzato per le forti spinte innovative nel linguaggio ideativo e produttivo. Ora, alla tranquillità di quei periodi, è subentrata una forte turbolenza. Cerchiamo quindi di capire le tendenze di fondo del sistema televisivo così da individuarne i percorsi più ragionevolmente possibili.Sono tre, a mio parere, i grandi vettori portanti di una profonda modificazione della televisione. Primo: la tv, come tutto il sistema delle comunicazioni di massa, assume sempre più i connotati e le peculiarità di un vero e proprio mercato. Secondo: si assiste da alcuni anni allo sbriciolarsi dei confini nazionali. Il terzo elemento di rottura con il passato è la forte turbolenza tecnologica. (Archivio Selexi) L'avvertenza che l'anno 2000 non era altro che quello successivo al 1999 serve all'autore per ricordare che:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Ermes aveva fama di essere il più ingegnoso fra gli dei, e certo fu anche il più precoce di tutti i neonati. Appena deposto nella culla, si divincolò dalle fasce, si rizzò sui piedini e uscì a respirare l'aria fresca. Vide una tartaruga nell'erba, e la salutò con garbo: "Salve, amabile creatura, compagna delle danze, amica dei banchetti! È una gioia vederti: che bel giocattolo!". Ma nelle gentili parole si celava un presagio minaccioso poiché, con la rapidità di un genio, il dio bambino aveva compreso la futura funzione di quello splendido guscio. Egli lo afferrò e ne tolse la polpa, vi tese una pelle di bue, fissò due bracci congiunti da una traversa, e applicò al guscio sette corde fatte con budello di pecora, intonandole in armonia. Aveva inventato la cetra; e si mise a cantare, accompagnando la voce a quel dolce suono. Poi gli venne un formidabile appetito, e per saziarlo rapì le mandrie di Apollo; ma costui prese malissimo la prodezza di quell'insolente bambino. Ermes dovette placare la sua ira con il dono del nuovo strumento; e da allora Apollo è il dio della musica, che suscita "la gioia, l'amore e il dolce sonno". Così l'"Inno omerico a Ermes" narra il mito, collegando la scoperta della musica con l'invenzione dello strumento musicale. I trattatisti antichi preferivano identificare il primo strumento nella voce umana, da cui in seguito sarebbero derivati per imitazione tutti gli altri. Saffo invoca la sua cetra ("chelys", propriamente "tartaruga") perché "diventi parlante"; e Platone paragona la voce di Socrate a quella del flauto. Ma fino dai tempi più remoti l'accompagnamento strumentale era ritenuto una necessità imprescindibile per l'esecuzione della poesia, tanto che una volta Archiloco, in mancanza di un citaredo, imitò il suono della cetra con il ritornello onomatopeico "ténella". D'altro lato, altrettanto antico era l'uso di composizioni per strumenti assolo; e ancora una volta il precedente ricorre in un episodio del mito, allorché Atena imitò con il flauto il pianto delle Gorgoni immortali sulla loro sorella mortale Medusa, decapitata da Perseo. La dea fece dono di questa musica agli uomini perché la possedessero per sempre; e Pindaro la ascoltò dal flautista Mida di Agrigento in un concorso musicale, lasciandone fulgida memoria nel carme composto per celebrare la vittoria dell'artista, la "XII Pitica".La cetra e il flauto sono gli esemplari tipici delle due famiglie, a corda e a fiato, in cui i musicologi greci suddividevano gli strumenti; mentre non tutti sono d'accordo nell'introdurre un terzo gruppo per gli strumenti a percussione, considerati affini a quelli a corda poiché in entrambi i casi il suono era prodotto da un contatto. Ma accanto a questo sistema fondamentale esistevano altri criteri di classificazione: in base all'altezza dei suoni prodotti, oppure mediante l'opposizione di "maschile" e "femminile" in rapporto al carattere dell'intonazione, o secondo l'origine indigena o straniera, o secondo l'uso che distingueva fra gli strumenti di città e di campagna, da convito o da guerra.Molte cose sappiamo della musica greca; ma dai rari testi corredati di notazioni musicali non riusciamo a ricostruirne il suono. A fomentare questo rimpianto contribuisce la consapevolezza del ruolo centrale che la musica occupava nella vita dei Greci. Non soltanto essa valeva come autonoma emozione artistica, e come imprescindibile complemento del testo nella poesia lirica e nel teatro tragico e comico; ma il suo primato si affidava anche ai significati religiosi ed etici, psicologici ed educativi, che nella cultura greca erano attribuiti all'esperienza musicale.Nel complesso dei "Moralia" di Plutarco rientra un opuscolo di dubbia attribuzione, ma certamente di buona attendibilità, in cui si trattano sia la storia della musica antica sia gli ardui problemi teorici e tecnici di un'arte che era pervenuta a un formidabile livello di complessità. (Archivio Selexi) L'autore del brano mostra di avere numerose conoscenze di:
RISPOSTA    Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Ermes aveva fama di essere il più ingegnoso fra gli dei, e certo fu anche il più precoce di tutti i neonati. Appena deposto nella culla, si divincolò dalle fasce, si rizzò sui piedini e uscì a respirare l'aria fresca. Vide una tartaruga nell'erba, e la salutò con garbo: "Salve, amabile creatura, compagna delle danze, amica dei banchetti! È una gioia vederti: che bel giocattolo!". Ma nelle gentili parole si celava un presagio minaccioso poiché, con la rapidità di un genio, il dio bambino aveva compreso la futura funzione di quello splendido guscio. Egli lo afferrò e ne tolse la polpa, vi tese una pelle di bue, fissò due bracci congiunti da una traversa, e applicò al guscio sette corde fatte con budello di pecora, intonandole in armonia. Aveva inventato la cetra; e si mise a cantare, accompagnando la voce a quel dolce suono. Poi gli venne un formidabile appetito, e per saziarlo rapì le mandrie di Apollo; ma costui prese malissimo la prodezza di quell'insolente bambino. Ermes dovette placare la sua ira con il dono del nuovo strumento; e da allora Apollo è il dio della musica, che suscita "la gioia, l'amore e il dolce sonno". Così l'"Inno omerico a Ermes" narra il mito, collegando la scoperta della musica con l'invenzione dello strumento musicale. I trattatisti antichi preferivano identificare il primo strumento nella voce umana, da cui in seguito sarebbero derivati per imitazione tutti gli altri. Saffo invoca la sua cetra ("chelys", propriamente "tartaruga") perché "diventi parlante"; e Platone paragona la voce di Socrate a quella del flauto. Ma fino dai tempi più remoti l'accompagnamento strumentale era ritenuto una necessità imprescindibile per l'esecuzione della poesia, tanto che una volta Archiloco, in mancanza di un citaredo, imitò il suono della cetra con il ritornello onomatopeico "ténella". D'altro lato, altrettanto antico era l'uso di composizioni per strumenti assolo; e ancora una volta il precedente ricorre in un episodio del mito, allorché Atena imitò con il flauto il pianto delle Gorgoni immortali sulla loro sorella mortale Medusa, decapitata da Perseo. La dea fece dono di questa musica agli uomini perché la possedessero per sempre; e Pindaro la ascoltò dal flautista Mida di Agrigento in un concorso musicale, lasciandone fulgida memoria nel carme composto per celebrare la vittoria dell'artista, la "XII Pitica".La cetra e il flauto sono gli esemplari tipici delle due famiglie, a corda e a fiato, in cui i musicologi greci suddividevano gli strumenti; mentre non tutti sono d'accordo nell'introdurre un terzo gruppo per gli strumenti a percussione, considerati affini a quelli a corda poiché in entrambi i casi il suono era prodotto da un contatto. Ma accanto a questo sistema fondamentale esistevano altri criteri di classificazione: in base all'altezza dei suoni prodotti, oppure mediante l'opposizione di "maschile" e "femminile" in rapporto al carattere dell'intonazione, o secondo l'origine indigena o straniera, o secondo l'uso che distingueva fra gli strumenti di città e di campagna, da convito o da guerra.Molte cose sappiamo della musica greca; ma dai rari testi corredati di notazioni musicali non riusciamo a ricostruirne il suono. A fomentare questo rimpianto contribuisce la consapevolezza del ruolo centrale che la musica occupava nella vita dei Greci. Non soltanto essa valeva come autonoma emozione artistica, e come imprescindibile complemento del testo nella poesia lirica e nel teatro tragico e comico; ma il suo primato si affidava anche ai significati religiosi ed etici, psicologici ed educativi, che nella cultura greca erano attribuiti all'esperienza musicale.Nel complesso dei "Moralia" di Plutarco rientra un opuscolo di dubbia attribuzione, ma certamente di buona attendibilità, in cui si trattano sia la storia della musica antica sia gli ardui problemi teorici e tecnici di un'arte che era pervenuta a un formidabile livello di complessità. (Archivio Selexi) Il brano riporta tutte le seguenti affermazioni tranne una. Quale?
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Ermes aveva fama di essere il più ingegnoso fra gli dei, e certo fu anche il più precoce di tutti i neonati. Appena deposto nella culla, si divincolò dalle fasce, si rizzò sui piedini e uscì a respirare l'aria fresca. Vide una tartaruga nell'erba, e la salutò con garbo: "Salve, amabile creatura, compagna delle danze, amica dei banchetti! È una gioia vederti: che bel giocattolo!". Ma nelle gentili parole si celava un presagio minaccioso poiché, con la rapidità di un genio, il dio bambino aveva compreso la futura funzione di quello splendido guscio. Egli lo afferrò e ne tolse la polpa, vi tese una pelle di bue, fissò due bracci congiunti da una traversa, e applicò al guscio sette corde fatte con budello di pecora, intonandole in armonia. Aveva inventato la cetra; e si mise a cantare, accompagnando la voce a quel dolce suono. Poi gli venne un formidabile appetito, e per saziarlo rapì le mandrie di Apollo; ma costui prese malissimo la prodezza di quell'insolente bambino. Ermes dovette placare la sua ira con il dono del nuovo strumento; e da allora Apollo è il dio della musica, che suscita "la gioia, l'amore e il dolce sonno". Così l'"Inno omerico a Ermes" narra il mito, collegando la scoperta della musica con l'invenzione dello strumento musicale. I trattatisti antichi preferivano identificare il primo strumento nella voce umana, da cui in seguito sarebbero derivati per imitazione tutti gli altri. Saffo invoca la sua cetra ("chelys", propriamente "tartaruga") perché "diventi parlante"; e Platone paragona la voce di Socrate a quella del flauto. Ma fino dai tempi più remoti l'accompagnamento strumentale era ritenuto una necessità imprescindibile per l'esecuzione della poesia, tanto che una volta Archiloco, in mancanza di un citaredo, imitò il suono della cetra con il ritornello onomatopeico "ténella". D'altro lato, altrettanto antico era l'uso di composizioni per strumenti assolo; e ancora una volta il precedente ricorre in un episodio del mito, allorché Atena imitò con il flauto il pianto delle Gorgoni immortali sulla loro sorella mortale Medusa, decapitata da Perseo. La dea fece dono di questa musica agli uomini perché la possedessero per sempre; e Pindaro la ascoltò dal flautista Mida di Agrigento in un concorso musicale, lasciandone fulgida memoria nel carme composto per celebrare la vittoria dell'artista, la "XII Pitica".La cetra e il flauto sono gli esemplari tipici delle due famiglie, a corda e a fiato, in cui i musicologi greci suddividevano gli strumenti; mentre non tutti sono d'accordo nell'introdurre un terzo gruppo per gli strumenti a percussione, considerati affini a quelli a corda poiché in entrambi i casi il suono era prodotto da un contatto. Ma accanto a questo sistema fondamentale esistevano altri criteri di classificazione: in base all'altezza dei suoni prodotti, oppure mediante l'opposizione di "maschile" e "femminile" in rapporto al carattere dell'intonazione, o secondo l'origine indigena o straniera, o secondo l'uso che distingueva fra gli strumenti di città e di campagna, da convito o da guerra.Molte cose sappiamo della musica greca; ma dai rari testi corredati di notazioni musicali non riusciamo a ricostruirne il suono. A fomentare questo rimpianto contribuisce la consapevolezza del ruolo centrale che la musica occupava nella vita dei Greci. Non soltanto essa valeva come autonoma emozione artistica, e come imprescindibile complemento del testo nella poesia lirica e nel teatro tragico e comico; ma il suo primato si affidava anche ai significati religiosi ed etici, psicologici ed educativi, che nella cultura greca erano attribuiti all'esperienza musicale.Nel complesso dei "Moralia" di Plutarco rientra un opuscolo di dubbia attribuzione, ma certamente di buona attendibilità, in cui si trattano sia la storia della musica antica sia gli ardui problemi teorici e tecnici di un'arte che era pervenuta a un formidabile livello di complessità. (Archivio Selexi) Lo scopo dell'autore del brano è:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Ermes aveva fama di essere il più ingegnoso fra gli dei, e certo fu anche il più precoce di tutti i neonati. Appena deposto nella culla, si divincolò dalle fasce, si rizzò sui piedini e uscì a respirare l'aria fresca. Vide una tartaruga nell'erba, e la salutò con garbo: "Salve, amabile creatura, compagna delle danze, amica dei banchetti! È una gioia vederti: che bel giocattolo!". Ma nelle gentili parole si celava un presagio minaccioso poiché, con la rapidità di un genio, il dio bambino aveva compreso la futura funzione di quello splendido guscio. Egli lo afferrò e ne tolse la polpa, vi tese una pelle di bue, fissò due bracci congiunti da una traversa, e applicò al guscio sette corde fatte con budello di pecora, intonandole in armonia. Aveva inventato la cetra; e si mise a cantare, accompagnando la voce a quel dolce suono. Poi gli venne un formidabile appetito, e per saziarlo rapì le mandrie di Apollo; ma costui prese malissimo la prodezza di quell'insolente bambino. Ermes dovette placare la sua ira con il dono del nuovo strumento; e da allora Apollo è il dio della musica, che suscita "la gioia, l'amore e il dolce sonno". Così l'"Inno omerico a Ermes" narra il mito, collegando la scoperta della musica con l'invenzione dello strumento musicale. I trattatisti antichi preferivano identificare il primo strumento nella voce umana, da cui in seguito sarebbero derivati per imitazione tutti gli altri. Saffo invoca la sua cetra ("chelys", propriamente "tartaruga") perché "diventi parlante"; e Platone paragona la voce di Socrate a quella del flauto. Ma fino dai tempi più remoti l'accompagnamento strumentale era ritenuto una necessità imprescindibile per l'esecuzione della poesia, tanto che una volta Archiloco, in mancanza di un citaredo, imitò il suono della cetra con il ritornello onomatopeico "ténella". D'altro lato, altrettanto antico era l'uso di composizioni per strumenti assolo; e ancora una volta il precedente ricorre in un episodio del mito, allorché Atena imitò con il flauto il pianto delle Gorgoni immortali sulla loro sorella mortale Medusa, decapitata da Perseo. La dea fece dono di questa musica agli uomini perché la possedessero per sempre; e Pindaro la ascoltò dal flautista Mida di Agrigento in un concorso musicale, lasciandone fulgida memoria nel carme composto per celebrare la vittoria dell'artista, la "XII Pitica".La cetra e il flauto sono gli esemplari tipici delle due famiglie, a corda e a fiato, in cui i musicologi greci suddividevano gli strumenti; mentre non tutti sono d'accordo nell'introdurre un terzo gruppo per gli strumenti a percussione, considerati affini a quelli a corda poiché in entrambi i casi il suono era prodotto da un contatto. Ma accanto a questo sistema fondamentale esistevano altri criteri di classificazione: in base all'altezza dei suoni prodotti, oppure mediante l'opposizione di "maschile" e "femminile" in rapporto al carattere dell'intonazione, o secondo l'origine indigena o straniera, o secondo l'uso che distingueva fra gli strumenti di città e di campagna, da convito o da guerra.Molte cose sappiamo della musica greca; ma dai rari testi corredati di notazioni musicali non riusciamo a ricostruirne il suono. A fomentare questo rimpianto contribuisce la consapevolezza del ruolo centrale che la musica occupava nella vita dei Greci. Non soltanto essa valeva come autonoma emozione artistica, e come imprescindibile complemento del testo nella poesia lirica e nel teatro tragico e comico; ma il suo primato si affidava anche ai significati religiosi ed etici, psicologici ed educativi, che nella cultura greca erano attribuiti all'esperienza musicale.Nel complesso dei "Moralia" di Plutarco rientra un opuscolo di dubbia attribuzione, ma certamente di buona attendibilità, in cui si trattano sia la storia della musica antica sia gli ardui problemi teorici e tecnici di un'arte che era pervenuta a un formidabile livello di complessità. (Archivio Selexi) In base a quanto scritto nel brano, quale opera letteraria fornisce preziose informazioni sulla storia della musica antica e sulle problematiche a essa connesse?
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Ermes aveva fama di essere il più ingegnoso fra gli dei, e certo fu anche il più precoce di tutti i neonati. Appena deposto nella culla, si divincolò dalle fasce, si rizzò sui piedini e uscì a respirare l'aria fresca. Vide una tartaruga nell'erba, e la salutò con garbo: "Salve, amabile creatura, compagna delle danze, amica dei banchetti! È una gioia vederti: che bel giocattolo!". Ma nelle gentili parole si celava un presagio minaccioso poiché, con la rapidità di un genio, il dio bambino aveva compreso la futura funzione di quello splendido guscio. Egli lo afferrò e ne tolse la polpa, vi tese una pelle di bue, fissò due bracci congiunti da una traversa, e applicò al guscio sette corde fatte con budello di pecora, intonandole in armonia. Aveva inventato la cetra; e si mise a cantare, accompagnando la voce a quel dolce suono. Poi gli venne un formidabile appetito, e per saziarlo rapì le mandrie di Apollo; ma costui prese malissimo la prodezza di quell'insolente bambino. Ermes dovette placare la sua ira con il dono del nuovo strumento; e da allora Apollo è il dio della musica, che suscita "la gioia, l'amore e il dolce sonno". Così l'"Inno omerico a Ermes" narra il mito, collegando la scoperta della musica con l'invenzione dello strumento musicale. I trattatisti antichi preferivano identificare il primo strumento nella voce umana, da cui in seguito sarebbero derivati per imitazione tutti gli altri. Saffo invoca la sua cetra ("chelys", propriamente "tartaruga") perché "diventi parlante"; e Platone paragona la voce di Socrate a quella del flauto. Ma fino dai tempi più remoti l'accompagnamento strumentale era ritenuto una necessità imprescindibile per l'esecuzione della poesia, tanto che una volta Archiloco, in mancanza di un citaredo, imitò il suono della cetra con il ritornello onomatopeico "ténella". D'altro lato, altrettanto antico era l'uso di composizioni per strumenti assolo; e ancora una volta il precedente ricorre in un episodio del mito, allorché Atena imitò con il flauto il pianto delle Gorgoni immortali sulla loro sorella mortale Medusa, decapitata da Perseo. La dea fece dono di questa musica agli uomini perché la possedessero per sempre; e Pindaro la ascoltò dal flautista Mida di Agrigento in un concorso musicale, lasciandone fulgida memoria nel carme composto per celebrare la vittoria dell'artista, la "XII Pitica".La cetra e il flauto sono gli esemplari tipici delle due famiglie, a corda e a fiato, in cui i musicologi greci suddividevano gli strumenti; mentre non tutti sono d'accordo nell'introdurre un terzo gruppo per gli strumenti a percussione, considerati affini a quelli a corda poiché in entrambi i casi il suono era prodotto da un contatto. Ma accanto a questo sistema fondamentale esistevano altri criteri di classificazione: in base all'altezza dei suoni prodotti, oppure mediante l'opposizione di "maschile" e "femminile" in rapporto al carattere dell'intonazione, o secondo l'origine indigena o straniera, o secondo l'uso che distingueva fra gli strumenti di città e di campagna, da convito o da guerra.Molte cose sappiamo della musica greca; ma dai rari testi corredati di notazioni musicali non riusciamo a ricostruirne il suono. A fomentare questo rimpianto contribuisce la consapevolezza del ruolo centrale che la musica occupava nella vita dei Greci. Non soltanto essa valeva come autonoma emozione artistica, e come imprescindibile complemento del testo nella poesia lirica e nel teatro tragico e comico; ma il suo primato si affidava anche ai significati religiosi ed etici, psicologici ed educativi, che nella cultura greca erano attribuiti all'esperienza musicale.Nel complesso dei "Moralia" di Plutarco rientra un opuscolo di dubbia attribuzione, ma certamente di buona attendibilità, in cui si trattano sia la storia della musica antica sia gli ardui problemi teorici e tecnici di un'arte che era pervenuta a un formidabile livello di complessità. (Archivio Selexi) Secondo quanto sostenuto nel brano, è impossibile per noi ricostruire:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fabrizio si buttò giù per le scale, poi, arrivato sulla piazza, si mise a correre. Era appena arrivato davanti al castello di suo padre che il campanile suonò le dieci. Ogni colpo gli echeggiava dentro, a mettergli addosso uno strano turbamento. Si fermò. Voleva riflettere, anzi, voleva lasciarsi andare alla commozione che la vista di quella casa, guardata con tanta freddezza il giorno prima, gli ispirava adesso. Un rumore di passi venne a risvegliarlo dalle sue fantasticherie. Si guardò intorno. Era in mezzo a quattro gendarmi. Fabrizio aveva intorno alla cintura due ottime pistole appena caricate. Alzò il cane. Il rumore attirò l'attenzione dei gendarmi, gli fece correre il rischio di essere arrestato. Era in pericolo e decise che avrebbe sparato per primo. Per fortuna, i gendarmi, che stavano girando per il paese a far chiudere le osterie, non si erano certo dimostrati insensibili alle premure che gli erano state usate in molti di quei simpatici locali, e così non furono molto pronti a fare il loro dovere. (Archivio Selexi) Quale delle seguenti affermazioni NON può essere dedotta dal brano?
RISPOSTA    Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fabrizio si buttò giù per le scale, poi, arrivato sulla piazza, si mise a correre. Era appena arrivato davanti al castello di suo padre che il campanile suonò le dieci. Ogni colpo gli echeggiava dentro, a mettergli addosso uno strano turbamento. Si fermò. Voleva riflettere, anzi, voleva lasciarsi andare alla commozione che la vista di quella casa, guardata con tanta freddezza il giorno prima, gli ispirava adesso. Un rumore di passi venne a risvegliarlo dalle sue fantasticherie. Si guardò intorno. Era in mezzo a quattro gendarmi. Fabrizio aveva intorno alla cintura due ottime pistole appena caricate. Alzò il cane. Il rumore attirò l'attenzione dei gendarmi, gli fece correre il rischio di essere arrestato. Era in pericolo e decise che avrebbe sparato per primo. Per fortuna, i gendarmi, che stavano girando per il paese a far chiudere le osterie, non si erano certo dimostrati insensibili alle premure che gli erano state usate in molti di quei simpatici locali, e così non furono molto pronti a fare il loro dovere. (Archivio Selexi) Quando inizia a correre Fabrizio?
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fabrizio si buttò giù per le scale, poi, arrivato sulla piazza, si mise a correre. Era appena arrivato davanti al castello di suo padre che il campanile suonò le dieci. Ogni colpo gli echeggiava dentro, a mettergli addosso uno strano turbamento. Si fermò. Voleva riflettere, anzi, voleva lasciarsi andare alla commozione che la vista di quella casa, guardata con tanta freddezza il giorno prima, gli ispirava adesso. Un rumore di passi venne a risvegliarlo dalle sue fantasticherie. Si guardò intorno. Era in mezzo a quattro gendarmi. Fabrizio aveva intorno alla cintura due ottime pistole appena caricate. Alzò il cane. Il rumore attirò l'attenzione dei gendarmi, gli fece correre il rischio di essere arrestato. Era in pericolo e decise che avrebbe sparato per primo. Per fortuna, i gendarmi, che stavano girando per il paese a far chiudere le osterie, non si erano certo dimostrati insensibili alle premure che gli erano state usate in molti di quei simpatici locali, e così non furono molto pronti a fare il loro dovere. (Archivio Selexi) I gendarmi non arrestano prontamente Fabrizio perché:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fabrizio si buttò giù per le scale, poi, arrivato sulla piazza, si mise a correre. Era appena arrivato davanti al castello di suo padre che il campanile suonò le dieci. Ogni colpo gli echeggiava dentro, a mettergli addosso uno strano turbamento. Si fermò. Voleva riflettere, anzi, voleva lasciarsi andare alla commozione che la vista di quella casa, guardata con tanta freddezza il giorno prima, gli ispirava adesso. Un rumore di passi venne a risvegliarlo dalle sue fantasticherie. Si guardò intorno. Era in mezzo a quattro gendarmi. Fabrizio aveva intorno alla cintura due ottime pistole appena caricate. Alzò il cane. Il rumore attirò l'attenzione dei gendarmi, gli fece correre il rischio di essere arrestato. Era in pericolo e decise che avrebbe sparato per primo. Per fortuna, i gendarmi, che stavano girando per il paese a far chiudere le osterie, non si erano certo dimostrati insensibili alle premure che gli erano state usate in molti di quei simpatici locali, e così non furono molto pronti a fare il loro dovere. (Archivio Selexi) La vista del castello paterno suscita in Fabrizio:
RISPOSTA   Domanda di media difficoltà Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fabrizio si buttò giù per le scale, poi, arrivato sulla piazza, si mise a correre. Era appena arrivato davanti al castello di suo padre che il campanile suonò le dieci. Ogni colpo gli echeggiava dentro, a mettergli addosso uno strano turbamento. Si fermò. Voleva riflettere, anzi, voleva lasciarsi andare alla commozione che la vista di quella casa, guardata con tanta freddezza il giorno prima, gli ispirava adesso. Un rumore di passi venne a risvegliarlo dalle sue fantasticherie. Si guardò intorno. Era in mezzo a quattro gendarmi. Fabrizio aveva intorno alla cintura due ottime pistole appena caricate. Alzò il cane. Il rumore attirò l'attenzione dei gendarmi, gli fece correre il rischio di essere arrestato. Era in pericolo e decise che avrebbe sparato per primo. Per fortuna, i gendarmi, che stavano girando per il paese a far chiudere le osterie, non si erano certo dimostrati insensibili alle premure che gli erano state usate in molti di quei simpatici locali, e così non furono molto pronti a fare il loro dovere. (Archivio Selexi) Dopo aver udito il suono delle campane, Fabrizio:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fra le tante città create dall'uomo, Venezia ci appare come simbolo di bellezza, di saggio governo e di un capitalismo controllato dalla comunità. La singolarità dell'ambiente fisico in cui fu costruita le conferì un fascino eccezionale: d'altra parte il sito acqueo contribuì a darle una tradizione aristocratica di libertà. Venezia fu la più libera delle molte città libere italiane, come vanta uno dei suoi cronisti medievali; non aveva altre mura che la laguna, non guardie di palazzo tranne gli operai dell'Arsenale maggiore e nessuna piazza d'armi per le esercitazioni e le parate militari a eccezione del mare. I vantaggi del luogo favorirono inoltre un'economia che combinava libertà e controlli in modi non meno insoliti del sistema viario e dell'architettura della città.Le istituzioni che rendono Venezia memorabile si vennero sviluppando nel corso di molte centinaia d'anni. Dal secolo VI dell'era cristiana al secolo XVIII, i Veneziani furono un popolo a sé. Considerati dal punto di vista dei loro mezzi di sussistenza, quei dodici secoli si dividono in tre periodi che sconfinano largamente l'uno nell'altro e durano ciascuno all'incirca quattro secoli. Fino al 1000 circa i Veneziani furono essenzialmente dei barcaioli o battellieri che, con piccoli natanti, percorrevano le loro lagune e risalivano e discendevano i fiumi e i canali di terraferma dell'Italia settentrionale. Dopo il 1000 diventarono una nazione marinara, che veleggiava, commerciava e combatteva in molte parti del Mediterraneo e dai fiumi della Russia meridionale su su fino alla Manica. Infine Venezia diventò una città di artigiani, di funzionari e di pochi aristocratici, una città famosa per i suoi talenti nel campo delle arti manuali, della finanza e del governo.La vita dei Veneziani prima del 1000 è stata ed è relativamente oscura, ma in quell'anno cominciò una serie di vittorie navali, culminata nel 1204 con la parte avuta da Venezia nella conquista di Costantinopoli a opera dei Crociati. Questa conquista fece di Venezia una potenza imperiale e, da quella data, la sua storia si intreccia con tutti i rivolgimenti di potere del Mediterraneo. Nei secoli seguenti i Veneziani mantennero, come popolo marinaro, la ricchezza e la reputazione della Repubblica, a onta delle rivoluzioni avvenute nella tecnica nautica, militare e commerciale e nelle rotte marittime. Mentre vicini imperi sorgevano e cadevano, essi elaborarono una forma di governo repubblicano che suscitava l'invidia di altre Città- Stato italiane.All'inizio dell'era moderna la maggior parte delle comunità medievali delle dimensioni di Venezia furono sopraffatte dall'ascesa di grandi monarchie fortemente organizzate e le rotte commerciali oceaniche minarono le fonti tradizionali della prosperità veneziana. Venezia nondimeno perfezionò le sue caratteristiche istituzioni repubblicane di città-Stato, conservò la sua indipendenza grazie alla sua abilità diplomatica e prolungò la propria prosperità adattando la sua attività commerciale e soprattutto manifatturiera alle nuove possibilità offerte da un'Europa in via di espansione. Nel 1600, divenuta ormai una nazione più di artigiani che di marinai, Venezia toccò il culmine della sua influenza come centro di creazione artistica. In tutti quei lunghi secoli si mantenne nelle istituzioni politiche e sociali di Venezia una notevole continuità, in cui si esprime la forza dell'attaccamento dei Veneziani agli usi e ai costumi peculiari che avevano fatto di loro un popolo a parte. (Archivio Selexi) In base a quanto riportato nel brano, quale delle seguenti affermazioni è FALSA?
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fra le tante città create dall'uomo, Venezia ci appare come simbolo di bellezza, di saggio governo e di un capitalismo controllato dalla comunità. La singolarità dell'ambiente fisico in cui fu costruita le conferì un fascino eccezionale: d'altra parte il sito acqueo contribuì a darle una tradizione aristocratica di libertà. Venezia fu la più libera delle molte città libere italiane, come vanta uno dei suoi cronisti medievali; non aveva altre mura che la laguna, non guardie di palazzo tranne gli operai dell'Arsenale maggiore e nessuna piazza d'armi per le esercitazioni e le parate militari a eccezione del mare. I vantaggi del luogo favorirono inoltre un'economia che combinava libertà e controlli in modi non meno insoliti del sistema viario e dell'architettura della città.Le istituzioni che rendono Venezia memorabile si vennero sviluppando nel corso di molte centinaia d'anni. Dal secolo VI dell'era cristiana al secolo XVIII, i Veneziani furono un popolo a sé. Considerati dal punto di vista dei loro mezzi di sussistenza, quei dodici secoli si dividono in tre periodi che sconfinano largamente l'uno nell'altro e durano ciascuno all'incirca quattro secoli. Fino al 1000 circa i Veneziani furono essenzialmente dei barcaioli o battellieri che, con piccoli natanti, percorrevano le loro lagune e risalivano e discendevano i fiumi e i canali di terraferma dell'Italia settentrionale. Dopo il 1000 diventarono una nazione marinara, che veleggiava, commerciava e combatteva in molte parti del Mediterraneo e dai fiumi della Russia meridionale su su fino alla Manica. Infine Venezia diventò una città di artigiani, di funzionari e di pochi aristocratici, una città famosa per i suoi talenti nel campo delle arti manuali, della finanza e del governo.La vita dei Veneziani prima del 1000 è stata ed è relativamente oscura, ma in quell'anno cominciò una serie di vittorie navali, culminata nel 1204 con la parte avuta da Venezia nella conquista di Costantinopoli a opera dei Crociati. Questa conquista fece di Venezia una potenza imperiale e, da quella data, la sua storia si intreccia con tutti i rivolgimenti di potere del Mediterraneo. Nei secoli seguenti i Veneziani mantennero, come popolo marinaro, la ricchezza e la reputazione della Repubblica, a onta delle rivoluzioni avvenute nella tecnica nautica, militare e commerciale e nelle rotte marittime. Mentre vicini imperi sorgevano e cadevano, essi elaborarono una forma di governo repubblicano che suscitava l'invidia di altre Città- Stato italiane.All'inizio dell'era moderna la maggior parte delle comunità medievali delle dimensioni di Venezia furono sopraffatte dall'ascesa di grandi monarchie fortemente organizzate e le rotte commerciali oceaniche minarono le fonti tradizionali della prosperità veneziana. Venezia nondimeno perfezionò le sue caratteristiche istituzioni repubblicane di città-Stato, conservò la sua indipendenza grazie alla sua abilità diplomatica e prolungò la propria prosperità adattando la sua attività commerciale e soprattutto manifatturiera alle nuove possibilità offerte da un'Europa in via di espansione. Nel 1600, divenuta ormai una nazione più di artigiani che di marinai, Venezia toccò il culmine della sua influenza come centro di creazione artistica. In tutti quei lunghi secoli si mantenne nelle istituzioni politiche e sociali di Venezia una notevole continuità, in cui si esprime la forza dell'attaccamento dei Veneziani agli usi e ai costumi peculiari che avevano fatto di loro un popolo a parte. (Archivio Selexi) Il brano risulta tratto verosimilmente da un libro di:
RISPOSTA   Domanda di media difficoltà Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fra le tante città create dall'uomo, Venezia ci appare come simbolo di bellezza, di saggio governo e di un capitalismo controllato dalla comunità. La singolarità dell'ambiente fisico in cui fu costruita le conferì un fascino eccezionale: d'altra parte il sito acqueo contribuì a darle una tradizione aristocratica di libertà. Venezia fu la più libera delle molte città libere italiane, come vanta uno dei suoi cronisti medievali; non aveva altre mura che la laguna, non guardie di palazzo tranne gli operai dell'Arsenale maggiore e nessuna piazza d'armi per le esercitazioni e le parate militari a eccezione del mare. I vantaggi del luogo favorirono inoltre un'economia che combinava libertà e controlli in modi non meno insoliti del sistema viario e dell'architettura della città.Le istituzioni che rendono Venezia memorabile si vennero sviluppando nel corso di molte centinaia d'anni. Dal secolo VI dell'era cristiana al secolo XVIII, i Veneziani furono un popolo a sé. Considerati dal punto di vista dei loro mezzi di sussistenza, quei dodici secoli si dividono in tre periodi che sconfinano largamente l'uno nell'altro e durano ciascuno all'incirca quattro secoli. Fino al 1000 circa i Veneziani furono essenzialmente dei barcaioli o battellieri che, con piccoli natanti, percorrevano le loro lagune e risalivano e discendevano i fiumi e i canali di terraferma dell'Italia settentrionale. Dopo il 1000 diventarono una nazione marinara, che veleggiava, commerciava e combatteva in molte parti del Mediterraneo e dai fiumi della Russia meridionale su su fino alla Manica. Infine Venezia diventò una città di artigiani, di funzionari e di pochi aristocratici, una città famosa per i suoi talenti nel campo delle arti manuali, della finanza e del governo.La vita dei Veneziani prima del 1000 è stata ed è relativamente oscura, ma in quell'anno cominciò una serie di vittorie navali, culminata nel 1204 con la parte avuta da Venezia nella conquista di Costantinopoli a opera dei Crociati. Questa conquista fece di Venezia una potenza imperiale e, da quella data, la sua storia si intreccia con tutti i rivolgimenti di potere del Mediterraneo. Nei secoli seguenti i Veneziani mantennero, come popolo marinaro, la ricchezza e la reputazione della Repubblica, a onta delle rivoluzioni avvenute nella tecnica nautica, militare e commerciale e nelle rotte marittime. Mentre vicini imperi sorgevano e cadevano, essi elaborarono una forma di governo repubblicano che suscitava l'invidia di altre Città- Stato italiane.All'inizio dell'era moderna la maggior parte delle comunità medievali delle dimensioni di Venezia furono sopraffatte dall'ascesa di grandi monarchie fortemente organizzate e le rotte commerciali oceaniche minarono le fonti tradizionali della prosperità veneziana. Venezia nondimeno perfezionò le sue caratteristiche istituzioni repubblicane di città-Stato, conservò la sua indipendenza grazie alla sua abilità diplomatica e prolungò la propria prosperità adattando la sua attività commerciale e soprattutto manifatturiera alle nuove possibilità offerte da un'Europa in via di espansione. Nel 1600, divenuta ormai una nazione più di artigiani che di marinai, Venezia toccò il culmine della sua influenza come centro di creazione artistica. In tutti quei lunghi secoli si mantenne nelle istituzioni politiche e sociali di Venezia una notevole continuità, in cui si esprime la forza dell'attaccamento dei Veneziani agli usi e ai costumi peculiari che avevano fatto di loro un popolo a parte. (Archivio Selexi) L'immagine di Venezia tra il 1000 e il 1700, così come si evince dal brano, è quella di una città:
RISPOSTA   Domanda difficile Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente oimplicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull'argomento.  Fra le tante città create dall'uomo, Venezia ci appare come simbolo di bellezza, di saggio governo e di un capitalismo controllato dalla comunità. La singolarità dell'ambiente fisico in cui fu costruita le conferì un fascino eccezionale: d'altra parte il sito acqueo contribuì a darle una tradizione aristocratica di libertà. Venezia fu la più libera delle molte città libere italiane, come vanta uno dei suoi cronisti medievali; non aveva altre mura che la laguna, non guardie di palazzo tranne gli operai dell'Arsenale maggiore e nessuna piazza d'armi per le esercitazioni e le parate militari a eccezione del mare. I vantaggi del luogo favorirono inoltre un'economia che combinava libertà e controlli in modi non meno insoliti del sistema viario e dell'architettura della città.Le istituzioni che rendono Venezia memorabile si vennero sviluppando nel corso di molte centinaia d'anni. Dal secolo VI dell'era cristiana al secolo XVIII, i Veneziani furono un popolo a sé. Considerati dal punto di vista dei loro mezzi di sussistenza, quei dodici secoli si dividono in tre periodi che sconfinano largamente l'uno nell'altro e durano ciascuno all'incirca quattro secoli. Fino al 1000 circa i Veneziani furono essenzialmente dei barcaioli o battellieri che, con piccoli natanti, percorrevano le loro lagune e risalivano e discendevano i fiumi e i canali di terraferma dell'Italia settentrionale. Dopo il 1000 diventarono una nazione marinara, che veleggiava, commerciava e combatteva in molte parti del Mediterraneo e dai fiumi della Russia meridionale su su fino alla Manica. Infine Venezia diventò una città di artigiani, di funzionari e di pochi aristocratici, una città famosa per i suoi talenti nel campo delle arti manuali, della finanza e del governo.La vita dei Veneziani prima del 1000 è stata ed è relativamente oscura, ma in quell'anno cominciò una serie di vittorie navali, culminata nel 1204 con la parte avuta da Venezia nella conquista di Costantinopoli a opera dei Crociati. Questa conquista fece di Venezia una potenza imperiale e, da quella data, la sua storia si intreccia con tutti i rivolgimenti di potere del Mediterraneo. Nei secoli seguenti i Veneziani mantennero, come popolo marinaro, la ricchezza e la reputazione della Repubblica, a onta delle rivoluzioni avvenute nella tecnica nautica, militare e commerciale e nelle rotte marittime. Mentre vicini imperi sorgevano e cadevano, essi elaborarono una forma di governo repubblicano che suscitava l'invidia di altre Città- Stato italiane.All'inizio dell'era moderna la maggior parte delle comunità medievali delle dimensioni di Venezia furono sopraffatte dall'ascesa di grandi monarchie fortemente organizzate e le rotte commerciali oceaniche minarono le fonti tradizionali della prosperità veneziana. Venezia nondimeno perfezionò le sue caratteristiche istituzioni repubblicane di città-Stato, conservò la sua indipendenza grazie alla sua abilità diplomatica e prolungò la propria prosperità adattando la sua attività commerciale e soprattutto manifatturiera alle nuove possibilità offerte da un'Europa in via di espansione. Nel 1600, divenuta ormai una nazione più di artigiani che di marinai, Venezia toccò il culmine della sua influenza come centro di creazione artistica. In tutti quei lunghi secoli si mantenne nelle istituzioni politiche e sociali di Venezia una notevole continuità, in cui si esprime la forza dell'attaccamento dei Veneziani agli usi e ai costumi peculiari che avevano fatto di loro un popolo a parte. (Archivio Selexi) Secondo quanto riportato nel brano, il talento degli artigiani veneziani trovò espressione soprattutto:

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